La genesi di Massimo Osti StudioUna conversazione con Andrew Groves e Robert Newman
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Ciò che ha lasciato Massimo Osti, come persona e designer, è qualcosa che si percepisce ancora oggi. Al contempo, la sua metodologia progettuale innovativa non poteva rimanere nel cassetto dei ricordi, ma necessitava di un testamento moderno. In questa conversazione, Andrew Groves e Robert Newman raccontano la genesi di Massimo Osti Studio, dalla prima idea fino alla realizzazione definitiva.

1. Con quale obiettivo nasce Massimo Osti Studio? Cosa si propone di apportare al mercato contemporaneo?

Andrew: Nelle prime discussioni con Lorenzo (Osti) lo scorso anno, quando stava pensando di lanciare Massimo Osti Studio, mi ha fatto subito immaginare alla tradizione dello studio italiano, durante il Rinascimento nel XV secolo, dove la "mano del maestro" veniva ereditata da una generazione all'altra. Quando nel 2016 ho istituito il Westminster Menswear Archive, mi sono basato sull'archivio personale di Massimo Osti, servendomi della sua ricerca e metodologia di progettazione per l'insegnamento.

Robert: È un'opportunità fantastica ed un privilegio. Detto questo, è ovviamente la cosa più importante e terrificante che ci sia essere la nuova persona che si occupa del design di Massimo Osti Studio.

Andrew: Ma credo anche che sia un'opportunità per esplorare ed espandere il processo di progettazione di Osti. Il suo percorso creativo e il suo archivio si basavano sul lavoro di altri, in particolare di designer industriali o militari. Il suo lavoro più importante, a mio avviso, è stata la metodologia che ha creato: il processo di selezione di capi disegnati da altri e poi fotocopiarli fisicamente per realizzare nuovi prodotti. Si trattava di un'innovazione radicale per l'epoca, che utilizzava la tecnologia della fotocopiatrice per trasformare il 3D in 2D e poi di nuovo in 3D.

2. Il brand svelerà i suoi prodotti attraverso chapter dedicati. In cosa consiste questa modalità di rilascio?

Andrew: Una delle decisioni chiave prese all'inizio è stata la struttura, che non è stagionale ma basata su processi e materiali. Per questo motivo, le release vengono chiamate Chapter. Per me c'è stata una connessione letteraria con il fatto che alcuni libri classici sono stati originariamente pubblicati sotto forma di romanzi a puntate, come 'Cuore di tenebra' di Joseph Conrad o 'Ulisse' di James Joyce.

Robert: Per me si tratta di idee. Sono i processi di pensiero più che i materiali e progetti a dover guidare il tutto, anche se ovviamente ci permettono di esprimere le idee. È questo che mi piace molto di Osti: ha costruito un mondo e tutto era trattato. C'era una prospettiva sull'ambiente, c'era una prospettiva sulla musica, c'era una prospettiva sull'arte.

Andrew: Mi piace l'idea che dicevi in merito ad ogni capitolo e stavo guardando alle cose che stai realizzando, come se facessero parte di un unico filone e non importa quando sono state prodotte o da chi. Hanno tutte una continuità. In effetti, si basa sull'idea di Osti del Continuative Garment.

E naturalmente il linguaggio è fondamentale per i prototipi che ho visto all'inizio dell'anno: erano tutti tappezzati di piccoli fogli con nastro adesivo su cui erano scritti a mano commenti in varie lingue che suggerivano dove fosse necessario modificare o aggiustare alcuni dettagli.

Robert: Mi piace il modo in cui queste tecniche si sviluppano nel corso del processo, come le fotocopie. È ancora analogico, lo fanno ancora e funziona molto bene. Molto meglio del digitale, in realtà.

3. Come si è cercato di creare una connessione tra passato e futuro, dal concept fino alla realizzazione finale?

Robert: Massimo Osti Studio ritiene fondamentale lo studio dei materiali e su ciò che è tecnicamente possibile per progedire e fare passi in avanti.

Andrew: So che hai visitato l'Archivio Massimo Osti a Bologna. Su cosa ti sei concentrato in quell'occasione?

Robert: Dall'archivio ho scelto i liners. Intendo quelli vintage di Massimo, non necessariamente disegnati da lui, ma quelli che aveva raccolto e usato come capi di riferimento. Le proporzioni di tutti i capi sono partite da un liner molto semplice che faceva parte di un progetto di Massimo per un marchio chiamato London Fog. Da lì è nato il tassello portante del progetto.

Andrew: So che abbiamo parlato molto del concetto di Continuative Garment, in contrapposizione al capo stagionale.

Robert: Sai, l'idea di moda è una forma assolutamente insopportabile...

Andrew: ... che dobbiamo modificare ogni sei mesi.

Robert: E non dobbiamo farlo. Quello che stiamo facendo con Massimo Osti Studio può esistere come una forma di archivio costruendo, sviluppando e trasformando. Alcune cose sono giuste, altre no, ma tutto questo coesiste contemporaneamente.

4. In che modo i prodotti di Massimo Osti Studio possono rappresentare il perfetto equilibrio tra innovazione tecnologica e lavorazione artigianale?

Robert: Avete visto i capi in Alcantara? Costituiscono il primo chapter. Questo materiale viene solitamente utilizzato per i sedili delle auto di lusso. È stato incredibilmente impegnativo realizzarne i capi. Nel modo più semplice, viene incollato utilizzando un tape in mesh tra i filamenti del tessuto. E' molto soffice al tatto.

Andrew: Sembra super-moderno e minimalista, ma credo che sia perché siamo abituati a vedere cuciture su tutti i capi e qui sono quasi del tutto assenti.

Robert: Sai, Stefano (Polato) parla di ridurre al minimo le cuciture per massimizzare l'incollaggio. Credo che tutti siano stufi delle cuciture classiche, quindi è bello fare qualcos'altro. Voglio dire, il motivo per cui le cuciture sono così frequenti è che sono abbastanza buone e funzionano molto bene. Ma volevo davvero spingere su questo metodo perché mi sembrava quello giusto per il materiale. La giacca principale è molto semplice, ma in realtà è molto bella da indossare, avendo anche un liner in grafene staccabile.

Andrew: Ricordo uno dei primi campioni che ho visto all'inizio del 2023 e ho pensato che avesse troppi dettagli. Quando ho parlato con te, hai detto che avevi inserito il maggior numero di dettagli possibile per testare il produttore, e poi avresti rimosso il più possibile. Mi ha fatto pensare alle tecniche progettuali e al modo in cui pensiamo al fallimento come una esperienza negativa, piuttosto che ad una prova della nostra tesi con la nostra metodologia. Ricordo di aver detto a Lorenzo (Osti) che per imparare e creare qualcosa di nuovo dobbiamo accettare il fallimento. E' una parte fondamentale del processo creativo e uno dei principi del mio insegnamento. Penso che la pressione per ogni designer di bilanciare creatività e commercialità sia molto sentita al giorno d'oggi.

Robert: Sì, sarò curioso di vedere il risultato finale. Credo che, come designer, il mio compito sia quello di realizzare qualcosa che abbia successo, ed è per questo che sono così prudente. La mia decisione è stata quella di lavorare materiale per materiale. Per esempio, la trama jacquard 3D che ci permette di costruire le tasche dei capi e altri dettagli all'interno dei materiali ha richiesto anni di perfezionamento.

Andrew: Ciò che mi entusiasma è il ritorno a quella materialità che era il cuore del lavoro di Osti. Penso che i tessuti siano fantastici: che necessità c'è di altri elementi di design superflui? Si tratta di mettere in evidenza questo aspetto e di eliminare ciò che non serve. Quando si mostra questo jacquard a qualcuno che si intende di materiali e tessuti, la sua reazione è di stupore.

5. Qual'è il mood e l'ispirazione estetica che incarnano al meglio l'essenza di Massimo Osti Studio? Perché?

Robert: La mia decisione iniziale era che ogni capitolo si sarebbe concentrato su un materiale diverso per sfruttare al massimo le sue potenzialità. È un vero e proprio banco di prova per noi. Per quanto riguarda la trama jacquard 3D questo è dimostrato dalla 'ditty bag' che abbiamo creato. Quando un marinaio andava in mare, ovviamente doveva essere in grado di riparare a mano le vele della nave, quindi portava con sé tutti i suoi attrezzi personali in una ditty bag.

Andrew: Giusto.

Robert: La ditty bag è stata realizzata utilizzando tutte le abilità che si usano per riparare le vele, quindi la nostra è una versione che mette in evidenza le abilità della trama jacquard 3D che permette di realizzare le tasche esterne in un'unica tessitura. Spesso, Massimo utilizzava le fabbriche produttrici di borse per realizzare le giacche. Mi piaceva l'idea di utilizzare il tessuto di una giacca per produrre borse. Credo che questo legame con i marinai e il mare sia un aspetto molto importante nel lavoro di Osti.

Andrew: Sì, l'ultima volta che sono stato in archivio a Bologna stavo guardando la tela realizzata da Massimo e mi sono reso conto che raffigurava una barca tra le stelle. Era un'idea molto profonda e romantica di viaggiare di notte. Si trattava davvero di sognare e di viaggiare con la mente.

Robert: Allo stesso modo, ritengo che la ditty bag sia un oggetto talismanico. Rappresenta un'intera nave, ma anche il singolo marinaio e le sue capacità. Mi ricorda l'artista tedesco Wolfgang Laib, che raccoglie granelli di polline e li usa come materiale per la sua arte. Ha un colore bellissimo, in un pizzico di polline c'è un'intera foresta. È una cosa che si riferisce all'intero mondo. Quindi, la caratteristica talismanica della ditty bag è il suo essere contenitore degli strumenti che creano l'oggetto e dalle mani che la trasportano.

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